NORMATIVA E GIURISPRUDENZA

Cassazione Civile - Sezione VI - 26 maggio 2020 n. 9637

La sentenza che, accogliendo un'azione negatoria servitutis, si limita ad accertare l'inesistenza della servitù non è utilizzabile come titolo esecutivo per richiedere al G.E. ex art. 612 c.p.c., l'individuazione delle misure atte a garantire la protezione da turbative e molestie, ove sul punto non si sia pronunciato,  con statuizione di condanna, il Giudice di merito, ai sensi dell'art. 949, comma 2, c.c.

Allo stesso modo, in caso di accertamento della servitù ex art. 1079 c.c., non è possibile rivolgersi al G.E. al fine di far cessare eventuali impedimenti o turbative se l'adozione dei provvedimenti occorrenti non sia stata disposta dal Giudice di merito. 

 

 

Cassazione Civile - Sezioni Unite - sentenza n. 7739/2020

La perdita della destinazione all’uso pubblico del bene demaniale ne determina il passaggio al patrimonio disponibile dell’ente di appartenenza. A seguito di tale fatto, il bene pubblico transita in regime di ordinaria commerciabilità.

 

Le sezioni unite della Corte di cassazione (sentenza 7739/2020) hanno precisato che "il passaggio al patrimonio disponibile dello Stato si pone in stretta dipendenza al fatto materiale della perdita della destinazione pubblica del bene cosiddetta sdemanializzazione tacita". 
Il passaggio dal demanio alla categoria dei beni del patrimonio disponibile è collegato al dato oggettivo della sottrazione all’uso pubblico del bene. 


Le Sezioni Unite hanno precisato:
-a differenza dalla passata giurisprudenza (Cassazione 10607/1991), che non si richiede ora anche la irreversibilità della cessazione della funzione pubblica del bene;
-la sdemanializzazione non si verifica se c’è il solo disuso del bene per un tempo immemorabile (Cassazione 4089/1996).


Fanno eccezione al principio:
-i beni del demanio marittimo, in base all’articolo 35 del Codice della navigazione inerente alle aree appartenenti a quel demanio (spiagge, rade, porti…);
-il demanio idrico (fiumi, laghi, etc. - per previsione dell'articolo 947, comma 3, del Codice civile).

In questi due casi si richiede, ai fini della sdemanializzazione, un espresso provvedimento amministrativo (così anche Corte di Cassazione, seconda sezione, 10817/2009).
La dichiarazione di cessazione (tacita) della demanialità ha carattere ricognitivo con efficacia retroattiva destinata a operare fin dal momento in cui è venuta meno la destinazione all’uso pubblico del bene. 
Il provvedimento di sdemanializzazione ha invece carattere costitutivo per il bene appartenente al demanio marittimo e a quello idrico, con la conseguenza che il nuovo regime giuridico cominci dal momento dell’adozione del provvedimento, con ogni effetto collegato all’acquisizione del bene per decorso del tempo.

 

Tribunale Pavia, 13/05/2019, n.824

 

Nei procedimenti di separazione e di divorzio, soggetti al rito della camera di consiglio, deve ritenersi esclusa la possibilità del simultaneus processus con le domande di scioglimento della comunione di beni immobili, di restituzione di beni mobili, di restituzione e pagamento di somme o di effettuazione dell’inventario, trattandosi di domande non legate dal vincolo di connessione, ma in tutto autonome e distinte dalla domanda di divorzio o di separazione

Cassazione civile, sez. un., 19/05/2016,  n. 10318

Le norme dei regolamenti edilizi che fissano le distanze tra le costruzioni in misura diversa da quelle stabilite dal codice civile, in virtù del rinvio contenuto nell'art. 873 c.c., hanno portata integrativa delle disposizioni dettate in materia dal codice civile; tale portata non si esaurisce nella sola deroga alle distanze minime previste dal codice, ma si estende all'intero impianto di regole e principi dallo stesso dettato per disciplinare la materia, compreso il meccanismo della prevenzione, che i regolamenti locali possono eventualmente escludere, prescrivendo una distanza minima delle costruzioni dal confine o negando espressamente la facoltà di costruire in appoggio o in aderenza. Da tale assunto deriva che il regolamento locale che si limiti a stabilire una distanza tra le costruzioni superiore a quella prevista dal codice civile, senza imporre un distacco minimo delle costruzioni dal confine, non incide sul principio di prevenzione, come disciplinato dal codice civile, per cui non preclude al preveniente la possibilità di costruire sul confine o a distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta tra le costruzioni, nè al prevenuto la corrispondente facoltà di costruire in appoggio o in aderenza, in presenza dei presupposti previsti dagli artt. 874, 875 e 877 c.c.

 
 

APPALTO TRA PRIVATI - Responsabilità dell'appaltatore.

In caso di posa in opera di materiale difettoso va esclusa la responsabilità del D. L. allorchè si accerti che lo stesso non poteva accorgersi, al momento della posa, dell'inidoneità del materiale acquistato dall'impresa appaltatrice. Il D. L. potrà quindi essere chiamato a rispondere di grave inadempimento nell'espletamento dell'incarico professionale solo quando si sia reso responsabile di grave inadempimento al dovere di vigilanza sulla corretta fornitura e posa in opera di materiale, ovverosia quando abbia consentito l'acquisto o la posa di materiali appartenenti ad una categoria merceologica macroscopicamente inidonea all'esecuzione a regola d'arte dei lavori. 
Diversamente, l'impresa appaltatrice andrà considerata responsabile ogni qualvolta lavori materiali scelti da essa stessa, perchè rientra nel rischio imprenditoriale dell'appaltatore la scelta e la lavorazione di materiali inidonei all'esecuzione a regola d'arte dei lavori appaltati.
Sentenza Cass. Civile - Sez. VI - 8 novembre 2012, n. 19309.

DISTANZE LEGALI.

Il diritto di mantenere i rami di un albero protesi sul fondo altrui non può essere acquistato per usucapione perchè l'art. 896 c.c., riconoscendo al proprietario del fondo sul quale i rami si protendono il potere di costringere il vicino a tagliare i rami in qualunque tempo, implicitamente esclude la possibilità di acquisto di tale diritto per usucapione (Cass. Civile - sez. II - 27/3/2002, n. 4361). Allo stesso tempo però, l'applicazione dell'art. 896 c.c. non legittima il proprietario del fondo sul quale i rami si protendono a richiedere l'estirpazione dell'albero, anche se ubicato a distanza non legale dal confine, essendo sia la dottrina che la giurisprudenza graniticamente orientate nel ritenere il diritto al mantenimento della pianta di alto fusto a distanza non regolamentare come servitù acquisibile per usucapione.

In tema di competenza, ove il giudice di pace, adito con domanda rientrante nella propria competenza per materia (es. rispetto delle distanze legali nella piantagione di alberi), sia investito in via riconvenzioanel di domanda eccedente la propria competenza per valore o per materia (es. accertamento dell'usucapione), egli è tenuto a trattenere la causa principale, separando la causa riconvenzionale. Ciò non essendo operante la traslatio iudicii di cui all'art. 36 c.p.c. (Cass. Civile - sez. II - 25/11/2010, n. 23937).

EDILIZIA ED URBANISTICA.

La destinazione di aree a edilizia scolastica, nell'ambito della pianificazione urbanistica comunale, ne determina il carattere non edificabile, configurando un tipico vincolo conformativo della proprietà privata. Essendo pertanto gli interventi di edilizia scolastica riconducibili a un servizio strettamente pubblicistico, connesso al perseguimento di un fine proprio e istituzionale dello Stato, le aree ad essa destinate non possono ritenersi edificabili per iniziative private o promiscue pubblico-private. (Corte di Cassazione, Sez. I, 5 marzo 2012 n. 3383).

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI - Contratto - preliminare (compromesso)
Concluso tra le parti un contratto preliminare diretto alla stipulazione di un definitivo avente ad oggetto il trasferimento di un immobile, la pattuizione, nell'atto di programmazione preparatoria, di una clausola escludente la risoluzione per colpa del promettente venditore, pur quando risulti l'insanabilità urbanistica del bene oggetto del contratto, non vale, di per sé, a rendere il preliminare un contratto aleatorio. Peraltro, l'abusività dell'immobile per mancato rilascio della concessione preclude, per impossibilità sopravvenuta, la stipulazione del definitivo, e quindi legittima il promissario acquirente a richiedere al promettente la restituzione della caparra che abbia versato in occasione del preliminare, essendo la ritenzione di questa divenuta senza titolo.
Autorità:  Cassazione civile  sez. II - sentenza 28 febbraio 2013, n. 5033
Fonti:  Diritto & Giustizia 2013

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI - Nullità del contratto e potere del Giudice.

Con la sentenza 4 settembre 2012, n. 14818, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno stabilito il principio che il potere del Giudice di dichiarare di ufficio la nullità o l'inesistenza del contratto ex art. 1421 c.c. va coordinato con il principio processualcivilistico della domanda (articoli 99 e 112 c.p.c.). Il potere di rilevazione di ufficio della nullità contrattuale sussiste infatti non solo nel caso in cui sia in contestazione l'applicazione o l'esecuzione del contratto, ma anche quando nel processo si chieda la risoluzione, rescissione o l'inefficacia del contratto. Medesimo potere di rilevazione officiosa della nullità non è invece ravvisabile allorquando sia proposta una domanda di annullamento del contratto.

PROCEDURA CIVILE - ESECUZIONE FORZATA - OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI.

A norma dell'art. 618, comma 2, cpc, l'introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal G.E., all'esito dell'esaurimento della fase sommaria di cui all'art. 618 comma 1 cpc, deve avvenire con la forma dell'atto introduttivo richiesta in riferimento al rito con cui l'opposizione deve essere trattata quanto alla fase a cognizione piena; deriva che, se la causa è soggetta al rito ordinario,  il giudizio di merito deve essere introdotto con atto di citazione da notificarsi alla controparte entro il termine perentorio fissato dal Giudice dell'Esecuzione.
Sentenza Cassazione Civile - Sez. VI - 7 novembre 2012, n. 19264

PROCEDURA CIVILE - GIURISDIZIONE CIVILE- Giurisdizione ordinaria e amministrativa. Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la costruzione di un manufatto a distanza inferiore a quella legale rispetto a edifici doganali, sanzionata dall'art. 19 d.lg. n. 374 del 1990. La violazione delle distanze legalmente predeterminate comporta l'applicazione di una sanziona amministrativa e la disposizione, nei casi di accertata sussistenza di un rilevante pericolo per gli interessi erariali, della demolizione del manufatto. (sentenza Cassazione civile  sez. unite, 29 marzo 2013, n. 7936).

PROCEDURA CIVILE - LEGITTIMAZIONE ATTIVA E PASSIVA. La cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società, a partire dal momento in cui si verifica l'estinzione della società medesima, impedisce che essa possa agire in giudizio.
Se l'estinzione avviene in corso di causa, e quindi anche in caso di impugnazione della sentenza di primo grado, si determina un evento interruttivo del processo, ai sensi degli artt. 299 e ss. c.p.c., con possibile successiva prosecuzione o riassunzione da parte dei soci, in particolare nel caso in cui l'evento interruttivo non sia stato fatto constare con i modi previsti dal c.p.c.
In mancanza, l'impugnazione è inammissibile.
Questo è il principio stabilito dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 6071 depositata il 12 marzo 2013, chiamate ad esprimersi sulla questione del trasferimento della legittimazione attiva ai soci di società cessata in riferimento ad un giudizio in corso.
 

SUCCESSIONI PER CAUSA DI MORTE - COEREDI E DISCIPLINA DEI CREDITI EREDITARI.

Un importante contributo alla tematica dei rapporti tra coeredi è stato offerto dalla pronuncia a Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza 29 novembre 2007, n. 24657), che risolve l'annosa questione del regime cui sono sottoposti i crediti ereditari. Come è noto, la disciplina codicistica non contiene una norma specifica in tema di ripartizione dei crediti ereditari, ma si limita a fissare delle norme in ordine alla incidenza dei debiti ereditari nei rapporti tra coeredi.

L'art. 752 c.c. impone ai coeredi di contribuire al pagamento dei debiti ereditari senza vincolo di solidarietà, ciascuno in proporzione della propria quota, a meno che il testatore non abbia diversamente disposto. Ne deriva che se un coerede non paga la sua parte, il creditore non ha diritto di rivolgersi agli altri per ottenere il relativo adempimento. La norma in esame va coordinata con il disposto dell'art. 754 c.c., che regola l'ipotesi in cui uno dei beni assegnati all'erede sia già sottoposto ad ipoteca a garanzia di un debito del de cuius: in tal caso, in virtù del principio di indivisibilità delle garanzie reali, il creditore conserva la garanzia per l'intero ammontare a carico di colui che sarà proprietario del bene ipotecato.
Ciò non toglie, però, che il coerede/proprietario del bene ipotecato, che abbia pagato oltre ciò che gli spetta in ragione della sua quota, possa rivalersi nei confronti degli altri coeredi a norma dell'art. 752 c.c.
In sostanza, la circostanza che ciascun coerede sia tenuto ipotecariamente per l'intero finisce con l'aver rilievo solo relativamente ai rapporti con i creditori e non anche nei rapporti interni tra coeredi.
Ciò chiarito, il problema che le Sezioni Unite si sono trovate a risolvere è se il principio della divisione automatica tra coeredi si applichi anche per i crediti ovvero se questi ultimi entrino a far parte della comunione ereditaria.

 

Il contrasto giurisprudenziale

 

Un primo e più risalente indirizzo, richiamandosi al brocardo romano secondo cui nomina et debita hereditaria ipso iure dividuntur, afferma che i crediti, analogamente ai debiti del de cuius, si dividono automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote.


A conclusioni opposte è invece giunta Cass. 13 ottobre 1992 n. 11128, con cui si è affermato che i crediti del de cuius, a differenza dei debiti, non si dividono automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria. Altre due pronunce (Cass. 21 gennaio 2000 n. 640, 5 settembre 2006 n. 19062), aderendo a tale orientamento, hanno affermato che i compartecipi assumono le vesti di litisconsorti necessari nei giudizi diretti all'accertamento dei crediti ereditari ed al loro soddisfacimento. Ciò perchè il mantenimento della comunione ereditaria dei crediti sino alla divisione soddisferebbe l'esigenza di conservare l'integrità della massa e di evitare qualsiasi iniziativa individuale idonea a compromettere l'esito della divisione stessa.

La tesi accolta dalle Sezioni Unite
Le Sezioni Unite condividono l'indirizzo da ultimo richiamato per quanto attiene al regime di comunione dei crediti ereditari, ma ritengono che da ciò non debba automaticamente derivare la necessaria partecipazione di tutti i coeredi all'azione promossa contro il debitore.

SUCCESSIONI PER CAUSA DI MORTE - LEGATO IMMOBILIARE IN SOSTITUZIONE DI LEGITTIMA - RINUNCIA E FORMA. SENT. CASS. CIVILE SEZIONI UNITE 29 MARZO 2011 - N. 7098.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione sono state chiamate a valutare se la rinuncia al legato in sostituzione di legittima, avente ad oggetto diritti immobiliari, necessiti o meno della forma scritta.

L'art. 649 Codice Civile dispone che il legato, a differenza dell'eredità, si acquista senza bisogno di accettazione, fatta salva la facoltà del legatario di rinunziare.

In tema di legato vi è quindi una totale coincidenza, giuridica e temporale, tra delazione ed acquisto e la mancata previsione della necessità della preventiva accettazione è giustificata dalla circostanza che le conseguenze giuridiche del legato possono essere soltanto favorevoli per il beneficiato.

In ipotesi di legato tacitativo (legato in sostituzione di legittima - art. 551 c.c.) il legatario che intenda rinunciare al legato per rivendicare l'assegnazione della quota di riserva a lui spettante quale erede deve preventivamente rinunciare al legato. Per cui, allorchè il legato abbia ad oggetto un diritto immobiliare, la rinuncia dovrà essere effettuata in forma scritta. In mancanza di rinuncia, l'azione di riduzione eventualmente proposta dovrà esser dichiarata inammissibile. 

SUCCESSIONI PER CAUSA DI MORTE - PETIZIONE EREDITARIA DEL FIGLIO NATURALE - PRESCRIZIONE.

Per i figli naturali, il termine di prescrizione del diritto di accettare l'eredità del proprio genitore, ai sensi dell'art 480 c.c., decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza di accertamento del loro status, trovandosi -i figli naturali- sino a tale accertamento in una condizione di impossibilità giuridica di procedere all'accettazione dell'eredità. (ex multis Cass. Civile, Sez. II, 5 settembre 2012, n. 14917).

USUCAPIONE - interruzione e sospensione.

L'interruzione dell'usucapione, per il combinato disposto di cui agli articoli 1165 e 2943 c.c., può essere ascritta solo a quegli atti comportanti la materiale perdita, sia pur solo temporanea, del potere di fatto esercitato sulla cosa, oppure alle iniziative giudiziali dirette a provocarne ope iudicis la privazione nei confronti del possessore usucapente. Una semplice missiva di diffida non può costituire atto idoneo ad interrompere l'usucapione (cfr. sentenza Cassazione Civile, sez. II, 6 novembre 2012, n. 19089).